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                Questo racconto lungo di  Martinelli, di incantevole ambientazione natalizia, nasconde sotto  un’apparenza semplice, fatta delle buone cose quotidiane, il caldo  e l’affetto della casa famigliare, il crepitio della legna nella  stufa, il cadere della neve abbondante fuori dalla finestra, un  sorprendente enigma da svelare. Ci troviamo catapultati con Dolfo, il  riflessivo e quieto protagonista del libro, in una vicenda dai  contorni vagamente gotici, che lascia intravedere l’ombra di una  strega, e che ci si rivela, pagina dopo pagina, come uno sconcertante  rebus spazio-temporale. Ancora una  volta lo scrittore trentino ci porta fra i monti della sua Vallarsa,  avvolgendoci in un’atmosfera dal sapore semplice e antico, capace  però di rivelare, a chi abbia voglia di leggere in profondità,  tutta l’intima dimensione meditativa della montagna. “Ora  invece si era rimpicciolito un po’ troppo all’interno della  giacca a coste grosse. Aveva cessato di bubbolare dal freddo, ed era  sul punto di lasciarsi andare all’attraente prospettiva di  sciogliersi in un regresso lontano, oltre l’infanzia, perfino oltre  la nascita. Abbandonarsi a una indescrivibile sensazione di penetrare  l’aria, senza più alcuna zavorra ad appesantirlo e a legittimare  il suo attaccamento a questo mondo villano. Sentiva la sua anima  concentrata in un puntino invisibile che fluttuava sopra la propria  testa. Con lo sguardo della consapevolezza si vedeva lì sotto,  sepolto dalla fioccata notturna, immobile come un cencio buttato via,  mentre aspettava che il minuto fosse trascorso e lui potesse  riprendere il cammino. Quel benedetto minuto però sembrava dilatarsi  all’infinito. Non passava più. Il tempo indugiava in una pausa di  staticità e, in tale dilatazione, lui poteva spaziare come meglio  credeva, osservando quel gran numero di eventi che avevano ricamato  il tragitto percorso da quando era nato, e adesso in un certo senso  gli appartenevano; appartenevano alla visione della sua ricca e nel  contempo insignificante vita. Fiocco  dopo fiocco, intanto, la coltre di neve aumentava di spessore. Un  sibilo ventoso cominciò a graffiare l’oscurità, insinuandosi nei  valloncelli e nei meandri boschivi che formavano quel groppo di  radici dei monti.” |